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No video streaming su Internet di programmi TV di altre emittenti

no-video-streaming-su-internet-di-programmi-tv-di-altre-emittenti--400x264Le emittenti televisive possono vietare la ritrasmissione via Internet dei loro programmi da parte di un’altra società. Tale ritrasmissione costituisce infatti, a talune condizioni, una “comunicazione al pubblico” delle opere e deve essere autorizzata dal loro autore.

Articolo pubblicato su www.laleggepertutti.it: http://business.laleggepertutti.it/385_no-video-streaming-su-internet-di-programmi-tv-di-altre-emittenti

Secondo la Corte di Giustizia UE[1] quando un’opera è oggetto di molteplici utilizzi, ogni sua trasmissione o ritrasmissione con l’utilizzo di uno specifico mezzo tecnico, deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dal suo autore. Di conseguenza, dato che la messa a disposizione delle opere tramite la ritrasmissione su Internet di una radiodiffusione televisiva terrestre viene effettuata con un mezzo tecnico diverso da quello della comunicazione originale, questa ritrasmissione deve essere soggetta all’autorizzazione degli autori delle opere ritrasmesse.

 

  

La sentenza della Corte è stata emessa a proposito del caso della società TVCatchup Ltd (TVC), citata in giudizio da diverse televisioni commerciali britanniche per violazione dei diritti d’autore tramite la diffusione che essa offriva, pressoché in diretta sul Web, dei loro programmi.

 

Tale società garantiva che i suoi abbonati ottengano l’accesso solo ad un contenuto che sono già legittimati a guardare nel Regno Unito grazie alla loro licenza televisiva. Le condizioni che gli utenti devono accettare comprendono il possesso di una valida licenza televisiva e la limitazione dell’utilizzo dei servizi della TVC al solo Regno Unito. Il sito Internet della TVC dispone di un sistema per verificare il luogo in cui si trova l’utente e di negare così l’accesso qualora non siano soddisfatte le condizioni imposte agli utenti.

 

Interessante è seguire l’argomentazione della Corte, esaminando la descrizione del fatto, le premesse di diritto e infine la motivazione della sentenza, per arrivare a tale decisione.

 

Anzitutto, osserva la Corte, il diritto dell’Unione Europea è volto a instaurare un livello elevato di protezione a favore degli autori di opere, consentendo loro di ottenere un adeguato compenso per l’utilizzazione di queste ultime, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico. A tal fine, gli autori hanno un diritto esclusivo di autorizzare o di vietare qualsiasi comunicazione al pubblico delle loro opere.

 

La TVCatchup Ltd («TVC») offre su Internet servizi di diffusione di programmi televisivi che consentono agli utenti di ricevere «in diretta» via Internet flussi di programmi televisivi gratuiti. Varie televisioni commerciali britanniche –  continua la Corte – si sono opposte alla TVC in merito alla diffusione che essa realizza via Internet, e pressoché in tempo reale, dei loro programmi; e hanno pertanto citato in giudizio la TVC dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division) per  violazione dei propri diritti d’autore sui loro programmi e film, consistente, segnatamente, in una comunicazione al pubblico, vietata sia dalla normativa nazionale sia dalla direttiva 2001/29[2].

 

Il giudice nazionale ha chiesto alla  Corte se un organismo, quale la TVC, realizzi una comunicazione al pubblico ai sensi della citata direttiva quando diffonde su Internet programmi  radiodiffusi a membri del pubblico che avrebbero avuto il diritto di accedere al segnale di radiodiffusione originale utilizzando a casa propria i loro apparecchi televisivi o i propri computer  portatili.

 

Innanzitutto la Corte deve determinare il contenuto della nozione di «comunicazione» e verificare se, nella fattispecie, l’attività della TVC rientri nel suo ambito. In base alla direttiva 2001/29, il diritto di comunicazione al pubblico comprende qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico non presente nel luogo di origine della comunicazione, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione.

 

Inoltre, l’autorizzazione dell’inclusione delle opere protette in una comunicazione al pubblico non esaurisce il diritto di autorizzare o di vietare altre comunicazioni di tali opere al pubblico. Pertanto, secondo la Corte, quando una determinata opera è oggetto di molteplici utilizzi, ogni trasmissione o ritrasmissione di tale opera mediante l’utilizzo di uno specifico mezzo tecnico deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dal suo autore.

 

Di conseguenza, dato che la messa a disposizione delle opere tramite la ritrasmissione su Internet di una radiodiffusione televisiva terrestre è effettuata mediante uno specifico mezzo tecnico, diverso da quello della comunicazione originale, essa va considerata una «comunicazione» ai sensi della direttiva. Pertanto, una siffatta ritrasmissione è soggetta all’autorizzazione degli autori delle opere ritrasmesse quando queste ultime sono comunicate al pubblico.

 

Successivamente, la Corte verifica se le opere protette siano state effettivamente comunicate ad un «pubblico». In base alla giurisprudenza della Corte, la nozione di pubblico riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende un numero di persone piuttosto considerevole. La Corte precisa che occorre tener conto dell’effetto cumulativo che deriva dal fatto di mettere a disposizione opere presso destinatari potenziali e che, al riguardo, è rilevante sapere quante persone hanno accesso contestualmente e successivamente alla medesima opera.

 

Nel caso di specie, la ritrasmissione delle opere via Internet riguardava l’insieme delle persone residenti nel Regno Unito che hanno una connessione Internet e che affermano di possedere in tale Stato una licenza televisiva. Costoro possono accedere contestualmente alle opere protette nell’ambito del «live streaming» dei programmi televisivi su Internet. Pertanto, detta ritrasmissione concerne un numero indeterminato di destinatari potenziali e un numero di persone piuttosto considerevole. La Corte constata quindi che, con la ritrasmissione in esame, le opere protette sono effettivamente comunicate ad un pubblico ai sensi della direttiva.

 

Di conseguenza, la Corte risponde che la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi della direttiva 2001/29 deve essere interpretata nel senso che essa riguarda una ritrasmissione delle opere incluse in una radiodiffusione televisiva terrestre, effettuata da un organismo diverso dall’emittente originale, mediante un flusso Internet messo a disposizione dei suoi abbonati che possono ricevere detta ritrasmissione connettendosi al server di quest’ultimo, sebbene tali abbonati si trovino nell’area di ricezione di detta radiodiffusione televisiva terrestre e possano riceverla legalmente su un apparecchio televisivo.

 

Tale sentenza ha fatto gridare allo scandalo alcune testate giornalistiche nostrane, perché la sua applicazione alla lettera costituirebbe un attentato alla “teledemocrazia” e comporterebbe un  grave danno al pluralismo e all’informazione nel mondo della rete, contribuendo alla permanenza in vita un modello di business tipico del mondo analogico, oramai profondamente antiquato, piuttosto che su un modello dinamico di circolazione delle informazioni, tipico del Web.

 

L’emittente televisiva sarebbe infatti l’unico soggetto a poter consentire la trasmissione delle informazioni su Internet, selezionando quali programmi autorizzare e quali no, negando l’accesso ai cittadini non in regola e la visione sul Web di programmi ritenuti scomodi.


[1] Sentenza 7 marzo 2013 Corte di Giustizia UE – causa C-607/11

[2] Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione